Sunday 8 March 2015

Big Eyes: Uno strano Tim Burton



Walter Keane, agente immobiliare, truffatore, aspirante artista e soprattutto esperto affabulatore in grado di attirare a sé, per mezzo della sua parlantina, chiunque gli capiti a tiro. Figurarsi la fragile e ingenua Margaret, abile pittrice in fuga dal marito che cerca di ricostruirsi una vita insieme a sua figlia. L'anno è il 1958, la città è San Francisco e quella che Burton si accinge a raccontare è una storia assurda eppure basata su fatti realmente accaduti, in quella che resterà una delle più leggendarie frodi artistiche della storia.


Con questo film, Tim Burton si allontana da ciò che coi aveva abituato a vedere nelle sue pellicole. Mi sento di poter affermare che, Se cercate l'opera meno burtoniana di Burton, probabilmente Big Eyes è la scelta giusta. Sembra un Burton con le mani legate, senza troppi fronzoli e con moltissimo spazio alla storia.

Utilizzando una struttura da cinema classico, Big Eyes ci permette di concertrarci sugli eventi che compongono la trama senza offrirci troppe distrazioni. Tanta cura per la scenografia, i costumi, le acconciature e tutto ciò che contribuisce a ricostruire in modo molto efficace l'atmosfera degli anni in cui la storia si colloca. Tutto converge alla storia di Walter e Margaret e al loro rapporto tormentato, senza troppe riflessioni e introspezioni. Burton riesce a narrare la storia in modo equilibrato, facendola a tratti sembrare una commedia, e alternando momenti più cupi senza mai sfociare nel dramma.

Gli attori rappresentano senza dubbio il centro gravitazionale della pellicola. Christoph Waltz e la sua performance che a tratti diventa anche "esagerata" e quasi caricaturale, tanto che sembra di guardare il colonnello Hans Landa in abiti civili. Amy Adams (molto brava) interpreta il personaggio di Margaret in una costante condizione di sottomessa che, anche risultando a volte irritante e irrealistica, inserita nel contesto del film si fa comunque apprezzare.

L'abilità di Burton è quella di aver saputo resistere alla tentazione del surrealismo e dei suoi scenari grotteschi. Riesce a portare avanti la storia di un uomo che riesce incredibilmente a gabbare mezzo mondo spacciando per suoi i dipinti della moglie, per giunta con la benedizione della moglie stessa. Una trama dall'equilibrio a dir poco fragile che, tuttavia, il regista riesce a far scorrere con incredibile fluidità. Bravo.

La firma del regista si trova nella fotografia del film, e in particolare nei colori. In Big Eyes, al contrario di tutto il resto, si riconoscono nei colori le atmosfere tipicamente burtoniane, che si adattano alla perfezione alla pellicola e vanno a rappresentarne un valore aggiunto. Il film è coloratissimo, il che si sposa molto bene con l'ambientazione e la collocazione temporale della vicenda narrata.

Big Eyes è un buon film. Non importa che sia di Tim Burton o meno. Ma va detto che di pellicole come questa se ne sono viste poche di recente. Nonostante tutto credo non abbia ricevuto l'attenzione che merita e non sarei sorpreso se, tra qualche tempo, ci ricorderemo più di altri film con meno contenuti ma con più impatto mediatico, piuttosto che di Big Eyes.